Soren Kierkegaard – Diaro – sulla scelta…

Non è un linguaggio starano, ma profondo, dire: qui non c’è affatto per me questione di qualche scelta – io scelgo la tal cosa? (Una simile osservazione si trova in J. Muller, ma non in modo così chiaro.) Inoltre, il Cristianesimo può dire ad un uomo: tu devi scegliere l’unica cosa necessaria, ma in modo che non ci debba essere questione di scelta. Cioè: se ti perdi in chiacchiere senza fine, tu in fondo non scegli più la cosa necessaria; dev’essere scelta come il Regno di , anzi-tutto. Così dunque c’è qualcosa rispetto alla quale non si deve scegliere, e secondo il cui concetto non vi può essere questione di scelta e che pure è una scelta. Quindi, proprio questo, che non c’è alcuna scelta. Si potrebbe esprimere con precisione maggiore che la libertà di scelta è solo una determinazione formale nella libertà? e che proprio l’accentuazione della libertà di scelta come tale è a perdita della libertà? Il contenuto della libertà è decisivo a tal punto per la libertà, che la verità della libertà di scelta è appunto di ammettere che qui non ci deve essere scelta, benché sia una scelta.

Questo è essere <<spirito>>. Ma proprio poiché gli uomini son lungi dall’esserlo, la libertà dà loro  tanti fastidi, in questo essi restano sempre attaccati alla libertà di scelta. LA riflessione – che a sua vota dipende dalla pigrizia, dalla cosa inferiore – si mette a fissare la libertà di scelta invece di rammentare il principio: <<non ci dev’essere scelta>> – e poi scegliere. Per quanto sembri strano, si deve sire perciò che solo il timore e tremore e la costrizione possono aiutare un uomo a salire in libertà: possono costringerlo perciò a non scegliere, e quindi a sceglier bene. in punto di morte, la maggior parte degli uomini fanno la scelta giusta.

Ma a che servono ora le scienze? A nulla. Distendono tutto in una oggettiva e tranquilla considerazione e fanno della libertà qualcosa d’inesplicabile. Dal punto di vista scientifico Spinoza è e resta l’unica posizione logica.

Succede qui come il credere e lo speculare e come ha Johannes Climacus con <<il segare>>;  l’una cosa (lo speculare) è rendersi oggettivamente leggeri, l’altra il (Credere) soggettivamente pesanti. Ma il male è che si vogliono fare ambedue le cose insieme!

La libertà è in fondo solo a questa condizione; cioè nello stesso momento, nello stesso secondo ch’essa è (libertà di scelta) s’affretta incondizionatamente, in questo che incondizionatamente lega se stessa per via della scelta della decisione, di quella scelta che ha per principio: qui non vi può essere questione di scelta.

E’ incomprensibile, è il miracolo dell’amore infinito, che Iddio effettivamente possa accordare tanto a un uomo, così che egli, per ciò che lo riguarda, possa dire quasi come un pretendente (qui c’è quel bel gioco di parole: svincolare, chiedere la mano): <Mi vuol tu, si o no>> . poi aspettare un secondo, per la risposta.

Ahimè, ma l’uomo non è poi completamente spirito. Egli ragiona così: se la scelta è lasciata a me stesso, allora voglio prendermi un po’ di tempo, voglio riflettere prima per davvero seriamente sulla cosa. Triste anticlimax! La <<serietà>> è appunto di scegliere Dio subito e <<anzitutto>>. Cosi non sta l’uomo ad arrabattarsi col fantasma delle prove della libertà di scelta: se l’abbia non l’abbia, ecc., e perfino a provarla scientificamente! E non s’accorge che a questo punto modo ha perduto la libertà. Così si rallegra forse per qualche tempo nel pensiero della libertà di scelta. Egli ha travisato tutto (parlando in gergo militare) facendo una confusione del diavolo. Fissando invece di scegliere la <<libertà di scelta>>, egli perde e la libertà  e la libertà di scelta. Per via della riflessione non si può più riguadagnarle; se l’uomo le deve riavere, dev’essere per via di un timore e tremore prodotti dal pensiero di averle sprecate.

La cosa enorme concessa all’uomo è la scelta, la libertà. Se tu la vuoi salvare e conservare, non c’è che una via: quella nello stesso secondo, assolutamente in piena dedizione, di renderla a Dio e te in essa- Se ti tenta la vanità di guardare ciò che ti è stato concesso, se tu soccombi alla tentazione e guardi con la tua punizione è allora di smarrirti in una specie di confusione e di pavoneggiarti col pensiero che tu hai la libertà.

Guai a te! sarebbe la tua condanna. Tu dici: io ho la libertà di scelta e tu però non hai ancora scelto Iddio. Supponiamo che tu ti ammali, la libertà di scelta diventa per un’idea fissa; infine ti riduce come quel ricco che s’immagina di essere ridotto in miseria e di dover morire di fame. Tu sospiri che hai perduto la libertà di scelta; e lo sbaglio è soltanto che tu non ti sei addolorato abbastanza profondamente, perché allora certamente l’avresti riavuta.

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