Incredulità – superstizione [il concetto dell’angoscia – Kierkegaard]

Esse si corrispondono perfettamente; ambedue mancano dell’interiorità, solo che l’incredulità è passiva attraverso un’attività e la superstizione è attiva attraverso una passività; l’una è se si vuole, la formazione maschile, l’altra la formazione più femminile, e il contenuto di tutte e due le formazioni è la autoriflessione. Nella loro essenza sono perfettamente sono perfettamente identiche. Sia l’incredulità come la superstizione sono l’angoscia della fede; ma l’incredulità comincia nell’attività della non-libertà, mentre la superstizione comincia nella passività della non-libertà. Di solito si considera soltanto la passività della superstizione; perciò la superstizione sembra meno grandiosa e più scusabile, a seconda che si adoperino categorie estetiche o etiche. C’è una debolezza nella superstizione; perciò la superstizione sembra meno grandiosa e più scusabile, a seconda che si adoperino categorie estetiche o etiche. C’è una debolezza nella superstizione che inganna; tuttavia ci dev’essere sempre l’attività sufficiente perché la superstizione possa mantenere la sua passività. La superstizione è incredula di fronte a se stessa; l’incredulità è superstiziosa di fronte a se stessa. Il concetto dell’una e dell’altra è l’autoriflessione. L’indolenza, la viltà, la pusillanimità della superstizione ritengono che sia meglio restare in essa che abbandonarla; l’ostinazione, l’orgoglio, la superbia dell’incredulità ritengono che sia più ardito restare in essa che abbandonarla. La forma più raffinata di una tale autoriflessione è sempre quella di rendersi interessante a se stessi con il desiderio di uscire da questo stato, mentre con autocompiacenza si rimane in esso.

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Una risposta a Incredulità – superstizione [il concetto dell’angoscia – Kierkegaard]

  1. alepeluso ha detto:

    L’ha ribloggato su alessandrapeluso.

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